
Un breve ricordo di Leonardo Sciascia
di Pier Paolo Segneri
Leonardo Sciascia era un pannelliano. Sicuramente una tale affermazione apparirà a qualcuno come una forzatura, come un’espressione un po’ troppo forte o politicamente scorretta. Invece, è proprio così: Sciascia era un pannelliano convinto. “Marco Pannella è il solo uomo politico italiano che costantemente dimostri di avere il senso del diritto, della legge, della giustizia. Ce ne saranno altri, ma senza volto e senza voce”. E poi diceva di sé: “Sono, dunque, un vecchio radicale; non so fino a che punto anche nuovo, ma il radicalismo, tutto sommato, non invecchia”. Chi nega o rifiuta questo accostamento tra Sciascia e Pannella, perdonate la presunzione, o non conosce il pensiero e la vita di Sciascia o non conosce Pannella.
l maestro di Racalmuto era radicale nel profondo, anzi: era pannelliano. Come lui stesso lasciò intendere a Marco, quando Pannella si recò di corsa in Sicilia per convincerlo ad accettare la candidatura come capolista del Partito Radicale per le elezioni politiche ed europee del 1979: “Sei venuto perché sapevi che la porta era aperta”. E per uno come Sciascia, che aborriva le “porte aperte”, quella frase acquistava un significato privato. Lì dove privato è politico. Insomma, lo scrittore di Todo modo riconobbe se stesso e la forza delle sue idee nelle parole e nelle lotte di Pannella. Perché Sciascia le aveva già fatte proprie prima dell’arrivo del leader radicale nella sua casa siciliana. Altrimenti non sarebbe spiegabile un’intesa così immediata. “Ero già lì quando vi entrai. Ero già lì, e poi vi sono entrato”, scrisse. E Marco, in quel momento, a propria volta, aveva fatto suo il pensiero di Sciascia. Una sorta di identificazione reciproca. Un ri-conoscersi. Un ri-conoscimento.
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