sabato 6 marzo 2010

FARSA DEMOCRATICA


Micaela Bongi - dal MANIFESTO Il Quirinale scalda il pasticcio

Attacco alla democrazia. Regime. Dittatura. Golpe. Quando, alle 19.30, sulle agenzie escono le anticipazioni del decreto «interpretativo» del governo sulla presentazione delle liste elettorali che sarà approvato due ore dopo, nell'opposizione è un crescendo. Il decreto ancora non c'è. Non è nemmeno in discussione in consiglio dei ministri, perché la riunione non è ancora cominciato. In un primo momento, dopo l'ennesimo vertice di maggioranza fiume a palazzo Grazioli, con i ministri Calderoli, Maroni, Alfano, La Russa, Matteoli, viene convocato per le 18, poi si fa slittare alle 19.30. Ma passa un'altra ora e non accade nulla. Segno, sembrerebbe, che il governo ha fatto filtrare i possibili contenuti del provvedimento d'urgenza «per vedere l'effetto che fa». E l'effetto è pessimo, perché con la singolare formula del decreto «interpretativo» e non «innovativo» si prevede il ripescaggio delle liste escluse di fatto riaprendo i termini per la loro presentazione (ma solo per quanto riguarda Lazio e Lombardia, 24 per «sanare eventuali irregolarità»), cioè l'ipotesi stoppata giovedì dal capo dello stato Giorgio Napolitano. Che già nei giorni precedenti invitava a aspettare la risposta della magistratura.
A sera, il risultato del «lungo lavoro di mediazione» che - si dice nel Pdl - è stato portato avanti per tutta la giornata, non si vede. In mattinata Gianni Letta si intrattiene per qualche minuto con Napolitano nel corso di una cerimonia al Quirinale, per parlare del «pasticcio» delle regionali. Anche Gianfranco Fini è attaccato al telefono. Lo scopo, preme far sapere alla destra, è quello di arrivare a un testo condiviso con l'opposizione e ovviamente accettabile per il presidente della repubblica. Ma alle nove di sera l'obiettivo, per quanto riguarda l'opposizione, è lontanissimo e non sembra a portata di mano. L'Italia dei valori è già pronta a scendere in piazza e anzi Antonio Di Pietro non vedrebbe male un intervento delle forze armate per «fermare il dittatore». Dice picche, convinto, il Pd. Lo dice, però in modo più sfumato, l'Udc. Il Quirinale - i cui tecnici, secondo le indiscrezioni, sarebbero in stretto contatto per tutta la giornata con gli addetti del Pdl - è comunque pronto a valutare un testo ma solo se meramente «interpretativo», da adottare d'urgenza per arrivare, si spiega, a una rapida e certa modalità di svolgimento delle elezioni. Insomma, il capo dello stato è comunque pronto alla soluzione del «pasticcio» anche per decreto. Eppure giovedì il muro alzato dall'opposizione sembrava troppo alto anche per il Colle più alto, che dopo l'incontro con Silvio Berlusconi aveva opposto un secco «no comment»..
Nel corso della serata di ieri, i contatti tra Palazzo Chigi e Quirinale sono costanti. Si prende tempo, si dice che la bozza è ancora in limatura, anzi sembra che le bozze siano in realtà più d'una. Poco prima delle nove di sera Silvio Berlusconi si collega in videoconferenza con Bari, dove è in corso un'iniziativa a sostegno del candidato del Pdl in Puglia Rocco Palese, e riferisce: «Sono uscito dal consiglio dei ministri dove stiamo facendo un decreto legge interpretativo delle norme che attengono alle elezioni, e in questo modo speriamo di poter ritornare a dare il diritto di voto anche ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia». La riunione sta cominciando proprio in quei minuti. Nel frattempo, di fronte alla piega che la prova di forza del governo sta prendendo, il Cavaliere coglie anche l'occasione per attaccare «la sinistra» che vuole «uno stato di polizia tributaria».
In consiglio dei ministri non serve nemmeno discutere più di tanto. Lo si è già fatto per tutto il giorno. E così, poco prima delle dieci, il decreto salva-liste, pardon, per «il regolare svolgimento delle elezioni», viene approvato. Escono i ministri, si dicono soddisfatti, il titolare del Viminale Roberto Maroni, dopo aver detto per giorni che era impossibile intervenire con un decreto per condonare le irregolarità, deve precisare che non c'è nessuna modifica della legge elettorale e non si riaprono i termini per la presentazione delle liste. Una prevaricazione rispetto ai Tar di Lazio e Lombardia? Figurarsi: a questo punto, non si risparmia il ministro, «valuteranno serenamente».
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